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Mirandola Domenica 1° aprile 2012
Un pedagogista clinico coordina la proposta educativo motoria
alla manifestazione Karate X Tutti
Una sinergica cooperazione tra le associazioni sportive Budo Kwai Karate Ostiglia, Polisportiva Stadium settore Karate, Leoni Karate Team hanno, per l'ennesima volta, dato vita ad un evento di grande importanza sociale ormai consolidatori nel nostro territorio, la manifestazione denominata "Karate X Tutti" tenutasi, nella sua seconda edizione Mirandolese, presso il palazzetto dello sport della suddetta cittadina nella mattinata di domenica 1° aprile. Un evento che, patrocinato dall'amministrazione Comunale di Mirandola, dalla provincia di Modena, dal CONI provinciale, dalla FSN-FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Karate e Arti Marziali) regionale e dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico) della regione Emilia Romagna, ha visto la contemporanea proposta di attività ludico motorie a bambini, ragazzi, adulti, amatori e persone presentanti vari gradi di disabilità psicofisica.
L'evento oltre ad offrire momenti tecnico sportivi a bambini agonisti ed amatori ha avuto come peculiarità la caratteristica di proporre giochi ed attività di tipo percettivo sensoriale ad un eterogeneo gruppo di persone di diversa età, presentanti disparati disagi della sfera psicofisica.
La particolare e multivariata offerta esperienziale è stata coordinata, dal punto di vista pedagogico, dal Dott. Maurizio Saravalli e si è avvalsa della preziosa collaborazione di tecnici di provata esperienza appartenenti a tutte e tre le organizzazioni sportive partecipanti che, in costante rapporto uno a uno con i partecipanti in particolare esigenza, hanno seguito in modo capillare l'esecuzione di tutte le attività proposte.
La manifestazione "Karate X Tutti" è uno strumento dimostrativo, mediante il quale si vuol mettere ben in evidenza l'importanza di mantenere alta l'attenzione nei confronti di chi necessita di adeguato supporto per vivere con dignità il diritto alla propria esistenza pubblica, evitando che la crisi economica diventi la scusante per una crisi sociale.
Un pedagogista Clinico Coordina il Karate al
"Festival Internazionale delle Abilità Differenti 2010" di Carpi
dall'arte marziale all'educazione all'essere.
Un giovedì mattina solare e non solo per le splendide condizioni climatiche, accoglie i tecnici delle società sportive Budo Kwai Karate Ostiglia, Leoni karate Team e Polisportiva Stadium settore Karate alla palestra "La Pace" di Carpi ove, per il quarto anno consecutivo, alcuni tecnici con particolari e specifiche competenze si prestano ad offrire la loro professionalità al "Festival Internazionale delle Abilità Differenti" di Carpi nella conduzione del laboratorio "Karate per tutti".
Il "Festival Internazionale delle Abilità Differenti", nato nel 1999 e organizzato dalla "Cooperativa Sociale Nazzareno" è un'importante manifestazione, che vede la messa in opera di svariati eventi culturali e l'offerta ai partecipanti di molteplici e multivariate attività ludiche ed educative, specificatamente studiate per venire incontro alle particolari esigenze di persone con disagi psicofisici.
Scopo principale del Festival è puntare i riflettori sull'universo del limite, mantenendo al contempo alto il valore della persona, partendo dall'assunto che ciascuno, al di là dei propri apparenti limiti e delle proprie reali capacità, possa sempre puntare ad una propria eccellenza spostando in avanti, anche se di poco, quegli ostacoli in grado di limitare la possibilità di esprime la massima espressione del proprio Essere.
A questa importante manifestazione il team di tecnici qualificati, coordinati dal Maestro Dott. Maurizio Saravalli, Pedagogista Clinico, Reflector e Direttore Tecnico dell'associazione sportiva Budo Kwai Karate Ostiglia, hanno offerto particolari stimoli ludico educativo motori, adattati specificatamente alle particolari esigenze di una quarantina di persone presentanti eterogenei deficit anche gravi della sfera psichica e/o fisica.
Questa singolare offerta formativa, unica nel suo genere per questa particolare disciplina educativo motoria, nasce da una domanda di natura filosofica che questi appassionati del mondo delle arti marziale e del Karate in special modo, da anni si pongono ovvero: "qual è il vero confine tra normalità e dis-abilità?" qual è e dove allocare il vero limite che diversifica l'essere persona dall'essere un po' meno Perosna? Se nelle situazioni più complesse, ove troviamo capacità residue ridotte al lumicino (ove possiamo notare con estrema evidenza quanto possa essere difficile per la persona in disagio eseguire un semplice passo, mettendo un piede davanti l'altro mantenendo il corpo in una posizione più o meno eretta, dove possiamo notare quanta e quale complessità vede un gesto, in apparenza semplice, come il prendere e lanciare un oggetto, dove l'estendere le dita di una mano nello spasmo di una perenne contrazione possa risultare impossibile, dove non escono che incomprensibili suoni gutturali da una bocca spalancata in un'impossibile forma di comunicazione), possiamo dire che non è difficile ravvisare il limite, un confine sempre e comunque modificabile, di poco forse, ma sempre modificabile, in una miriade di altre situazioni il limite è puramente soggettivo. L'handicap causato dal deficit spesso colmabile.
Il mondo, in ogni caso, non è diviso in bianco e nero, buono e cattivo, abile e disabile. Il mondo è composto da un'infinità di sfumature ed è con queste che operiamo, cercando sempre e comunque un'abilità sulla quale lavorare. Un'abilità che possa essere sostegno a nuove possibili competenze.
Porsi la domanda sul dove allocare il vero limite vuol dire impegnarsi in un quesito umano alquanto impegnativo che, forse per pigrizia o per paura, in pochi si fanno ed a qui in numero ancor minore cercano di dare una risposta socialmente soddisfacente.
Trovare risposte umanamente valide a codesto interrogativo permetterebbe, a chi opera in ambito educativo, di pensare e tracciare innovative strade, creando nuovi modi e ulteriori strumenti atti a massimizzare le capacità di ogni discente sia esso normodotato che portatore di dis-abilità.
Come diceva qualcuno "Ognuno è più a sud rispetto a qualcun altro", alla stessa stregua ognuno di noi è caratterizzato da piccole inabilità che spostano il nostro grado di efficienza in qualche attività rispetto ad un altro. Una visione del limite che dipende dal punto di osservazione da parte di "chi" valuta "chi".
In questa valutazione sul significato della parola disabilità qualunque sia la risposta che vogliamo dare o darCi dobbiamo sempre e comunque tener presente che, indipendentemente dalle condizioni psicofisiche di colui che è fronte a noi, ci troviamo in presenza di soggetti con alle spalle una propria storia, un proprio vissuto percettivo, con una personale emozionalità ed è solo nel profondo rispetto del valore del termine persona che un educatore, di qualunque settore evolutivo si occupi sia esso scolastico, sportivo o professionale, può entrare in vera comunicazione col proprio discente per progettare realistici programmi in grado di evolvere sia discente che docente.
Il mondo dello Sport (con la S maiuscola), con il suo vasto bagaglio culturale, permette di generare senza soluzione di continuità sempre nuove ed innovative interpretazioni del movimento e percezioni di sé nello spazio, stimolando la strutturazione del proprio sé corporeo, base del proprio IO. Per il pedagogista Clinico avere la possibilità di formare il tecnico/educatore sportivo può essere un prezioso sistema per fornire nuovi e importanti stimoli educativo motori a soggetti che vivono situazioni di disagio psicofisico anche gravi, atti a facilitare l'acquisizione e/o il consolidamento di ulteriori preziose autonomie.
Parliamo di tecnici e dirigenti del mondo sportivo maturi, evoluti, parliamo di persone in grado di comprendere responsabilità che vanno ben oltre il comprendere come fornire schemi motori stereotipati e pre-finalizzati per il conseguimento di un traguardo agonistico. Uno Sport che, partendo da necessità di attività ludiche e fisicamente formanti, incontra nuove e ulteriori esigenze e complesse problematiche sociali. Ove questa cultura in evoluzione trova appassionati in grado di conciliare tradizione, scienza ed innovazione si forgiano docenti di alto profilo professionale in grado di farsi carico di nuove e particolari esigenze anche e soprattutto di tipo sociale.
Il laboratorio di Karate, in seno al Festival Internazionale delle Abilità differenti, appartiene al mondo di queste nuove esigenze, è questo un evento situazionale particolare, un tempo spazio ove ogni partecipante riceve e da qualcosa di se. La persona con deficit vive intensamente un momento ludico pregno di stimoli a lui inusuali; l'educatore accompagnatore partecipa attivamente alle attività proposte acquisendo un diverso modo di offrire stimoli educativi; il tecnico sportivo, ben lungi dal vestire i panni del luminare, ha modo di incontrare il proprio limite di educatore, a così la possibilità di sondare le proprie capacità adattative mettendo a se in evidenza quelle lacune che indispensabilmente necessitano di essere colmate e il Pedagogista Clinico ha modo di comprendere il valore dell'educare all'educare.
FESTIVAL INTERNAZIONALE ABILITA' DIFFERENTI
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Diversabilmente assieme - Carpi 12 maggio 2011
IL Pedagogista Clinico a coordinamento sport e disabilità
E divers-abilmente un giorno uomini e donne, con le loro differenti storie, esperienze e competenze, accumunate dalla passione per la disciplina sportiva denominata Karate, si incontrarono con un gruppo di altre persone presentanti, nelle loro divers-abilità, disparati gradi di capacità residue e lo stesso grado di partecipazione emotiva.
Carpi, giovedì 12 maggio, a dispetto delle previsioni meteorologiche è una splendida giornata di sole, presso la palestra "La Patria" si svolge uno degli eventi inseriti nel nutrito programma ufficiale del "Festival Internazionale delle Abilità Differenti". È questo un evento condotto dall'ormai collaudato staff formato da tecnici ed atleti appartenenti alle società sportive Budo Kwai Karate Ostiglia e Leoni Karate Team/Pol.sport Stadium Mirandola coordinate, dal punto di vista educativo dal Pedagogista clinico Dott. Maurizio Saravalli.
Karate, un'attività ludico educativo motoria di lontana provenienza sia temporale che geografica diventa, in mani professionali, strumento in aiuto alla comprensione di un Sé corporeo che si fa per taluni di difficile comprensione se non a volte un mondo veramente ostile. L'attività ludico motori proposta si fa veicolo di sensazioni e percezioni che sensi, non sempre efficienti, evidenziano difficoltà di recezione ed elaborazione.
È questo un modo complesso di proporre una specifica disciplina sportiva, atto motorio che si fa mediatore non tra tecnico e potenziale allievo, ma tra persone che, attraverso l'espressività corporea, comunicano stati emozionali. Sport che non mette al bando ma che, al contrario include.
Tutte le persone partecipanti all'evento sono state sollecitate, mediante opportuni e mirati input sensoriali e coordinativo motori ad esprimere il proprio Sé attraverso un linguaggio senza tempo, il linguaggio del proprio corpo. Un linguaggio che mette in evidenza condizioni tensionali indicanti limiti, stati d'ansia e personali vissuti psicofisici.
La parola cede spazio al movimento. È questo un agire che si evidenzia in tutta la sua importanza, un agire che libera, che da spazio espressivo ad un proprio Sé corporeo, un Sé che lascia traccia nel contesto del proprio irripetibile IO.
Uno spazio tempo che diventa un vissuto comune, ove i confini tra limiti lentamente si espandono, ove il difficile diventa possibile, e l'impossibile potenzialmente agognabile.
Il con-vivere le stesse esperienze, sia per il normodotato che per la persona in esigenza, le rende più ludiche e, conseguentemente, più accessibili. Stimolate dagli esercizi di Karate adattato, persone con limiti psicofisici importanti hanno sperimentato il movimento in modi che non avevano mai nemmeno tentato.
In questi particolari e delicati frangenti le abilità del docente si evidenziano nel saper leggere, tra le pieghe di limiti e chiusure quei piccoli, ma sempre grandi, spazzi di azione. Spazzi che vedono il tecnico potersi adattare alle possibilità della persona per offrire un grande momento emozionale.
Ogni possibilità di comprensione diventa sempre e comunque possibilità di azione.
È questo un tecnico che, se sapientemente guidato da esperti dell'educazione, diventa esso stesso educatore in grado di attingere, dall'immane bagaglio culturale di questa antica disciplina, lo strumento che meglio si adatta a personali quanto realizzabili obbiettivi dell'educando.
Le ore trascorse nella palestra "La Patria" sono state per tutti importanti momenti di profondo scambio emotivo. Un tempo e un luogo ove ogni partecipante è stato chiamato ad apprendere, soprattutto chi si è apprestato ad educare.
Un sentito ringraziamento a tutti i partecipanti alla manifestazione ed ai loro accompagnatori ed educatori, che hanno permesso questo momento di confronto e un altrettanto sentito ringraziamento alla Cooperativa sociale Nazzareno che ha concesso a noi tutti la possibilità di vivere, con sincera umiltà, preziosi momenti ove il ,docente ha potuto apprende dal discente, ove la debolezza si è fatta forza, ove il limite è potuto diventare punto di partenza.
Un tempo e un luogo ove l'uomo ha incontrato l'uomo.
CREARE PER ESSERE
La Ri-Creazione dell'IO e del SÉ nell'anziano
Un progetto durato sei mesi presso il Centro Diurno Integrato di Poggio Rusco, un opera che può essere considerata un continuo adattamento ed aggiustamento tra intenzionali offerte di sollecitazioni proponibili dall'educatore, atte a ri-svegliare la persona nella sua completezza psicofisica e le specifiche possibilità o peculiari richieste, spesso interpretate in quanto inespresse, provenienti dai compositi ospiti della struttura.
Il lavoro si è svolto in quella bolla sociale che quotidianamente viene a ri-crearsi al C.D.I., un concentrato di umanità, ove ogni singolo partecipante col proprio vissuto personale fatto di esperienza, cultura, capacità psicofisiche residue e, conseguentemente, di maggiori o minori autonomie, si interrelaziona con altri vissuti personali.
Una situazione semi istituzionalizzata, in un non- luogo di attesa.
In un Centro Diurno troviamo persone che, in condizioni di poter scegliere, forse difficilmente troverebbero tempo, modo e motivi tali da permettere una comune condivisione di tempi, spazzi, argomenti di discussione e intimità.
In questo non-luogo il tempo viene scandito da momenti fissi come merenda, pranzo, distribuzione dei farmaci, attività ri-abilitative, ecc., mentre i momenti di intersacambio relazionale vengono spesso gestiti da figure professionali, che continuamente ruotano all'interno di questo piccolo gruppo sociale.
La complessa eterogeneità delle capacità residue, evidenziate dai partecipanti alle attività e la conseguente necessità di trovare un minimo comun denominatore in grado di soddisfare le molteplici esigenze, sono stati il vero motore di questo complesso progetto.
Il progetto originario, prevedente la somministrazioni di maggiori quantità di input elaborativo cognitivi, stimoli che permettessero attraverso una ricostruzione mnestica di avvenimenti collocabili in vari momenti del proprio vissuto , di ri-costruire un passato proprio e, contemporaneamente, costruire un passato comune, è stato sensibilmente modificato in itere onde permettere di creare interesse e partecipazione, nei confronti delle attività proposte, ad un insieme di persone il più ampio possibile, questo tenendo conto delle singole capacità di comprensione dei messaggi, delle consegne e delle possibili risposte.
L'interesse nei confronti di una proposta è caratteristica indispensabile per far si che la persone da passivo spettatore diventi attivo protagonista di se.
A valle di un primo periodo di offerte multivariate e dopo un'approfondita analisi dei soggetti sia come individui a se, sia come coorte, si è potuto oggettivare e caratterizzare le notevoli disomogeneità delle loro capacità residue, soprattutto quelle ad interesse elaborativo-cognitivo.
La presa di coscienza di tale disomogenità ha costretto l'educatore a ri-organizzare, lentamente e gradualmente, l'offerta di input tarandola in modo che essa potesse essere maggiormente fruibile dalla maggioranza degli ospiti, senza comunque snaturare il pensiero filosofico che è a fondamenta del progetto proposto.
In una visone globale, l'esecuzione del progetto proposto può essere divisa in due fasi formalmente diverse ma operativamente non separabili in modo netto, la prima lentamente va a sfumare nella seconda:
1. Inserimento ed accettazione dell'educatore all'interno della coorte formata dai soggetti ospiti e dagli operatori, durante la quale l'educatore, sostenuto dall'aiuto delle operatrici inserite in struttura, cerca di comprendere competenze e potenzialità residue in essere negli ospiti;
2. Svolgimento del progetto durante il quale l'educatore fornisce una serie di input che risultano essere una mediazione tra: quanto messo a progetto, quanto oggettivamente assorbibile dalle capacità recettive dei partecipanti alle attività e le specifiche richieste specifiche dei partecipanti.
Come precedentemente detto, la prima fase lentamente sfuma diventando fase operativa a man in mano che tra ospiti, operatori ed educatore si intravedono e condividono obbiettivi comuni.
Lo stimolo d'accesso dell'educatore, all'interno del particolare gruppo sociale, è stata la canzone.
L'offerta di vecchi brani, a volte anche politicamente schierati, ha rapidamente attivato in alcuni di essi personali ricordi , soprattutto da parte del genere femminile del gruppo risultato più sensibile alle proposte canore.
All'offerta di stimoli musicali è stata abbinata un'offerta di stimoli mnestici, ricordi di avvenimenti che venivano poi commentati cercando di metterli in relazione con i personali ricordi di tutti i partecipanti.
Ricordi personali e ricordi di gruppo, emozioni di gruppo che amplificano emozioni personali .
L'offerta di stimoli è proseguita, a partire dal secondo mese circa di attività, con la proposta di sollecitazioni idonee a stimolare le residue capacità fisiche indispensabili al mantenimento delle autonomie. A tal proposito sono state proposte per la maggior parte delle sedute esperienze stimolanti le capacità coordinativo motorie, percettivo sensoriali, le capacità articolari e qualche attività di mantenimento delle capacità condizionali .
L'offerta di attività ad interesse motorio è stata tenuta appositamente per ultima in quanto, per l'esecuzione di talune esperienze, risultava quanto mai indispensabile aver conquistato la fiducia del soggetto che deve abbandonarsi e fidarsi del supporto fisico del conduttore dell'attività .
Come accennato nel sottotitolo di questo progetto, la persona "È" sino a quando è in grado di creare. Anche un nuovo pensiero o un nuovo piccolo progetto è un ri-creare nuovi stati emozionali.
Possibili obiettivi per queste persone riguardano, il mantenimento se non il potenziamento di quelle capacità di autonomo interscambio emozionale con altri individui appartenenti sia al gruppo di pari che di qualunque fascia d'età, interscambio che può avvenire solo attraverso la comunicazione.
Sino a quando la persona si sente in grado di poter comunicare autonomamente con le persone che ruotano, sia abitualmente si sporadicamente, attorno al suo mondo sente di essere parte di un tutto e non un frammento caduto dal tutto.
L'offerta di stimoli si è corretta nel tempo cercando di rispondere alle esigenze, a volte direttamente espresse in modo verbale, della maggioranza dei soggetti.
Si è passati quindi da una preponderanza di sollecitazioni di tipo elaborativo ad una maggioranza di stimoli di tipo fisico mantenendo comunque, dall'inizio di ogni seduta, il legame musicale in quanto potente strumento in grado di recuperare momenti di vita vissuta ed attivatore di stati emozionali.
Agli ospiti sono state offerte sempre più attività in forma ludica in grado di sollecitare quelle capacità coordinativo motorie e condizionali indispensabili al mantenimento delle proprie autonomie.
Come detto le proposte sono state fatte nel modo più ludico possibile, sempre tenendo ben presente che i partecipanti alle sedute sono uomini e donne con la dignità di chi ha una lunga esperienza di vita sulle spalle, conseguentemente stando attenti a non cadere nel comune errore di pensare che in età geriatrica il soggetto ritorna bambino.
Durante i sei mesi del progetto molti rapporti interpersonali sono cambiati, sia tra ospiti ed educatore sia tra gli ospiti stessi .
Da una semplice accettazione della presenza dell'educatore si è passati all'avere generiche aspettative nei confronti dello stesso e, all'occasione, formulare specifiche richieste.
Nel tempo, le persone partecipanti alle attività, soprattutto quelle a maggior capacità elaborativa, hanno evidenziato una maggior attenzione e partecipazione durante tutta la durata delle sedute.
Le sollecitazioni ad interesse mnestico, soprattutto quelle di tipo musicale, hanno generato momenti di discussione, ove ogni soggetto in grado di avere ricordi coerenti con la situazione, ha portato all'interno del gruppo le proprie personali esperienze.
In alcuni momenti lo scambio di ricordi si è sviluppando in modo autonomo, arrivando a non necessitare della presenza dell'educatore. Questi momenti di auto racconto hanno permesso di ri-elaborare e consolidare rapporti in essere tra alcuni ospiti del centro.
Le attività ad interesse motorio, proposte in forma ludica, sono quelle che maggiormente hanno suscitato l'interesse e la partecipazione degli ospiti, forse per una necessità interiore di ri-sentirsi come individui attivi ed in grado di gestire in modo autonomo una propria corporalità.
Nel succedersi delle sedute si è evidenziato un generale oggettivo incremento dell'attenzione, una maggiore precisione dell'atto motorio, maggiore sicurezza in quelle attività alla base delle proprie autonomie, quali deambulazione, cambi postura da posizione eretta a seduta e viceversa, maggior presa di coscienza delle proprie capacità condizionali .
Il centro diurno è per noi tutti luogo di possibile addivenire. Un non-spazio che raccoglie, per alcune ore al giorno, un insieme eterogeneo di persone ognuna con la sua storia, ognuna con la sua personalità.
Molteplici dignità in grado di raccontare frammenti della nostra storia, in grado di mostrarci frammenti di possibili futuri, in grado di meglio rappresentare il nostro presente.
In questi luoghi, sentire e non solo ascoltare, diventa indispensabile per comprendere e comprendersi.
Operatore, medico, educatore, ospite possono essere viste come figure assistenziali, figure sanitarie, figure educative, figure ospiti, ma non siamo figure siamo persone.
Ogni persona ha un proprio ruolo nel gioco della vita, un ruolo che varia in funzione del particolare momento vissuto, il nostro compito di persone è far si che la nostra umanità possa entrare in rapporto con le varie umanità che ci circondano.
L'attività svolta ha messo in evidenza, se mai ce ne fosse stata la necessità, dell'indispensabilità del lavoro in sinergia tra tutte le professionalità che ruotano attorno alla persona ospite della struttura.
In considerazione della fragilità presentata da alcuni soggetti necessitanti del sostegno della struttura, il lavoro in rete, già alla base di questo progetto, si è dimostrato come condizione vincolante onde permettere, a qualunque figura professionale venga ad inserirsi con proprie attività all'interno di una struttura, di avere a disposizione tutte quelle informazioni necessarie ad operare con sufficienti margini di sicurezza.
Si conclude un progetto rimangono le relazioni tra le persone
Dott. Maurizio Saravalli
SINTESI DELLA SINTESI
Il progetto "Creare per essere" ha previsto la somministrazione, agli ospiti della struttura, di input multivariati di tipo elaborativo cognitivi, percettivo sensoriali e coordinativo motori che permettessero, attraverso un percorso che va dalla ricostruzione mnestica al vissuto di giochi ludico motori di sentirsi partecipi e protagonisti di se e del sè.
Durante gli incontri gli ospiti hanno cosi potuto cimentarsi nella ri-costruzione di avvenimenti collocabili in vari momenti del vissuto proprio e contemporaneamente, di costruire un passato comune. A questi stimoli si sono aggiunti momenti ludico motori che hanno permesso di tornare a percepire e percepirsi come persone con importanti capacità residue e preziose autonomie
Il Dott. Saravalli Maurizio a Coordinamento della manifestazione Karate Foll All
Carpi 24-10-2010
Karate e diversabilità, due mondi distinti divisi da un comune pensare che vede l'offerta di attività ludico motorie indirizzate secondo due direttive, da un lato troviamo proposte rivolte a soggetti dotati di presunte elevate capacità fisiche aspiranti a futuri importanti risultati sportivi, dall'altro vediamo proposte che, nella più ottimistica delle ipotesi, vedono nell'offerta motoria un semplice riempitivo, quando non un'offerta ri-abilitativa offribile a soggetti evidenzianti vistosi disagi della sfera psicofisica.
Mai tale concetto fu tanto fuorviante e generatore di storture di pensiero progettuale.
Disabilità, diversabilità, abilità diverse, modi diversi di descrivere un mondo eterogeneo, non categorizzabile, fatto di persone ognuna con la propria personalità, con una propria emozionalità, con proprie risorse da sondare e scoprire, persone che, più di tante altre, necessitano di proposte ludico educativo motorie, mediate da tecnici professionalmente preparati. Sempre e comunque persone.
Ma perché l'offerta del Karate a soggetti presentanti disagi della sfera psicofisica? Semplice, perché il Karate, nel suo background culturale, possiede un'immane quantità di risposte ad altrettante specifiche ed aspecifiche esigenze. Il tecnico, o maestro dir si voglia può attingere input da un database motorio talmente vasto da poter dire che il limite della divulgabilità di questa affascinante disciplina sta nei limiti del divulgatore stesso.
Il Karate come momento ludico, il karate come momento evolutivo offerto a tutti indistintamente, perché tutti hanno il diritto di condividere momenti socializzanti e formativi, momenti senza età, momenti senza barriere. Momenti nei quali i corpi si evidenziano in tutta la loro centralità comunicativa.
Il Karate come strumento esaltatore di corpi che parlano col mondo, corpi che esprimono emozioni, corpi che vivono. Bambini, ragazzi, adulti, non importa se alcuni di questi evidenziano limiti funzionali o nella comprensione delle consegne, tutti hanno in comune la voglia di sentirsi nel tutto e parte di un tutto.
Quella svoltasi domenica presso la palestra Vallauri a Carpi e stata una grande manifestazione all'insegna della divulgazione sportiva senza barriere, due ore di incontro tecnico, ove atleti agonisti, atleti amatori, atleti diversamente abili di tutti le età si sono cimentati in attività ludico motorie, appositamente studiate e progettate per esaltarne le specifiche competenze.
Una manifestazione altamente educativa sia per l'atleta partecipante, in dovere di confrontarsi e con i propri limiti, sia per i tecnici, in dovere di sondare nuove strade educative in grado di rendere quanto divulgato fruibile da una sempre più vasta platea di potenziali utenti.
Un avvenimento che auspichiamo diventare sempre meno evento e sempre più regolare momento di scambio emozionale.
Pedagogia Clinica, sport e disabilità
Festival Internazionale delle Abilità Diverse
Pedagogia clinica, sport e disabilità un connubio complesso che porta ad un'esperienza emozionante e al contempo altamente formativa.
La creazione e gestione di un laboratorio di educazione motoria, dedicato a soggetti diversamente abili, mette in condizione sia il Tecnico sportivo che il Pedagogista Clinico a confrontarsi con le proprie conoscenze, a valutare la propria attitudine a donarsi, a comprendere e, al di sopra di ogni cosa, a valutare le proprie capacità di adattamento all'altro.
Il laboratorio ludico motorio, organizzato da due società di Karate del territorio, Il Leoni karate team ed il Budo Kwai, è stato coordinato per quanto concerne le proposte educative in forma pedagogico clinica.
Ai soggetti partecipanti, a valle di un'analisi delle capacità e delle competenze residue, sono state offerte esperienze percettivo sensoriali e coordinativo motorie atte a sollecitare l'incremento di alcuni prerequisiti funzionali utili non tanto alla pratica di una qualsivoglia attività sportiva ma, soprattutto, all'incremento di possibili autonomie.
Il compito primario del pedagogista clinico è, in questi frangenti, quello di mediare tra le esigenze tecnico sportive e quelle educative del soggetto in esigenza. Comprendere come fornire preziosi aiuti formativi al soggetto, permettere che questi possa vivere e con-vivere un particolare ambiente sociale, cogliere come trasmettere la parte più preziosa dell'attività svolta che è quella emozionale.
Grandi possibilità si parano innanzi a quei professionisti disposti a collaborare con associazioni sportive e o educative. Compito del Pedagogista Clinico è quello di "educare l'educatore ad educare", insegnando a comprendere come leggere limiti e disagi del partecipante all'attività, a creare percorsi personalizzati in grado di soddisfare le varie esigenze verso possibili autonomie.
Far comprendere come ogni persona è universo a sè.
Far si che il tecnico possa afferrare l'essenza della persona che gli si para di fronte e non le potenzialità della macchina uomo utilizzabile per i propri scopi.
Alcuni momenti del laboratorio